martedì 25 gennaio 2011

postheadericon L'architettura è una scienza, che è adornata di molte cognizioni, e colla quale si regolano tutti i lavori, che si fanno in ogni arte. Vitruvio, 30 a.C

Architettura


Incisione dell'interno del Pantheon (Roma); Pierers Konversationslexikon encyclopedia, editore: Joseph Kürschner, 1891.
L'architettura è la disciplina che ha come scopo l'organizzazione dello spazio in cui vive l'essere umano. Semplificando si può dire che essa attiene principalmente alla progettazione e costruzione di un immobile o dell'ambiente costruito.
L'architettura è nata anzitutto per soddisfare le necessità biologiche dell'uomo quali la protezione dagli agenti atmosferici, e proprio per questo è tra le discipline maggiormente presenti in tutte le civiltà. Solo in un secondo momento, con lo sviluppo della divisione del lavoro nella società, alla funzione primaria vennero aggiunte funzioni secondarie in numero sempre crescente. Con la comparsa di caratteri estetici si ebbe la nascita dell'architettura anche come arte visiva, dotata però di proprie caratteristiche peculiari.
Nell'architettura concorrono aspetti tecnici e artistici.

Indice

Etimologia

"Architettura" deriva da architetto, termine derivato nelle lingue occidentali dal latino architectus, ma di origine greca: ἀρχιτέκτων (pronuncia architéktōn), parola composta dai termini ἀρχη (árche) e τέκτων (técton) che significa "ingegnere", "capo costruttore", "primo artefice" o proprio "architetto"[1].
Il primo termine, ἀρχη – connesso con ἀρχειν (árchein), “principiare”, “comandare” –, esprime in greco antico il significato di "impresa", "partenza", "origine", "fondazione" o "guida". Introdotto da Anassimandro, ἀρχη trova nella Metafisica di Aristotele (V, 1, 1012b-1013a) la sua prima completa definizione, conservatasi fino alla modernità. Aristotele distingue almeno sei accezioni del termine, riconducibili ai due significati principali di ἀρχη, ossia primo per importanza o primo in ordine temporale. Quando primato valoriale e primato temporale coincidono, ἀρχη esprime la divinità: Dio come massimo valore e causa prima di tutte le cose. Il secondo termine, τέκτων (técton), richiama diversi significati, tra i quali "inventare", "creare", "plasmare", "costruire": il fare tecnico ma anche l'arte, il fare manuale ma anche l'artigianato. L'unione dei due termini in ἀρχιτέκτων la troviamo per la prima volta da Erodoto, Storie, (III, 60, 4) e vuole indicare chi provveda a dar norma razionale alla costruzione di alcunché. Il riferimento all'edilizia o all'abitazione non è affatto esplicito; anzi, l'ἀρχιτέκτων originariamente si occupa di quanto è "costruibile" in generale. Questa interpretazione è sancita da Vitruvio, il quale definisce l'architettura come attività che "nascitur ex fabrica et ratiocinatione", cioè dalla capacità fabbricativa congiunta alla consapevolezza teorica. Altro aspetto interessante è costituito dalla permanenza fonetica e dalla somiglianza letterale e dalla somiglianza grafica che il termine ha conservato in molte lingue: architecture in francese, architecture in inglese, arquitectura in spagnolo, architektur in tedesco (che però gli aggiunge il termine baukunst che letteralmente significa "arte del costruire").

Definizioni

  • L'architettura è una scienza, che è adornata di molte cognizioni, e colla quale si regolano tutti i lavori, che si fanno in ogni arte. Vitruvio, 30 a.C. circa
  • Architettore chiamerò io colui, il quale saprà con certa, e maravigliosa ragione, e regola, sì con la mente, e con lo animo divisare; sì con la opera recare a fine tutte quelle cose, le quali mediante movimenti dei pesi, congiungimenti, e ammassamenti di corpi, si possono con gran dignità accomodare benissimo all'uso de gli homini. Leon Battista Alberti, 1450
  • Cos'è l'architettura? La definirò io, con Vitruvio, l'arte del costruire? Certamente no. - Etienne-Louis Boullée, 1780
  • L'Architettura è l'arte di fabbricare. - Francesco Milizia, 1781
  • L'architettura è l'arte di disporre e di adornare gli edifici, innalzati dall'uomo per qualsivoglia scopo, in modo che la loro semplice vista possa contribuire alla sanità, alla forza, al godimento dello spirito. - John Ruskin, 1854
  • Il mio concetto di architettura abbraccia l'intero ambiente della vita umana; non possiamo sottrarci all'architettura, finché facciamo parte della civiltà, poiché essa rappresenta l'insieme delle modifiche e delle alterazioni operate sulla superficie terrestre, in vista delle necessità umane, eccettuato il puro deserto - William Morris, 1881 (questa definizione è stata il faro di tutta l'Architettura moderna del XX secolo, sintetizzata nell'epigrafe di Walter Gropius "dal cucchiaio alla città", che definisce il campo di applicazione dell'architetto).
  • Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto un uomo. Questa è Architettura - Adolf Loos, 1910 (la forma è in questo caso rappresentativa della funzione, importante è ciò che la forma evoca; la nostra emozione è legata al riconoscimento di quel significato).
  • L'architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi nella luce - Le Corbusier, 1923
  • Chiarezza costruttiva portata alla sua espressione esatta. Questo è ciò che io chiamo architettura - Mies van der Rohe, 1925
  • L'architettura è troppo importante per essere lasciata agli architetti. - Giancarlo De Carlo, 1969
  • L'architettura è la più antica professione sulla terra, l'arte del costruire, ma anche l'arte di rappresentare le cose. - Renzo Piano, 2007

I tre fattori dell'architettura 


Un celebre crollo: il Campanile di San Marco, a Venezia, mal restaurato in seguito ai danni di un fulmine, rovinò il 14 luglio 1902.(l'immagine è tuttavia una elaborazione e non una vera foto)
Una delle definizioni più chiare e complete di architettura è una delle più antiche e risale a Vitruvio: l'architettura è un insieme di tre fattori:
  1. firmitas (stabilità)
  2. utilitas (utilità)
  3. venustas (bellezza o piacere)
In altre parole vi si mischiavano qualità:
  1. strutturali
  2. funzionali
  3. estetiche
Senza stabilità l'architettura è pericolosa ed effimera; senza utilità l'architettura fine a sé stessa è semplicemente una scultura in larga scala; senza bellezza (come sottolineano Ruskin, Le Corbusier e Pevsner) si parla solo di edilizia.
In ogni edificio questi tre aspetti sono di vitale importanza, anche se durante le epoche storiche non sempre ebbero il medesimo peso. Si pensi per esempio all'architettura del cosiddetto Movimento Moderno: il fattore estetico inteso come mera decorazione era volutamente trascurato nella progettazione, focalizzata solo sulla funzione degli edifici; dalla semplicità essenziale scaturì tuttavia una naturale valenza estetica.
Un'evoluzione di questa prima definizione è stata per esempio data nel 1624 da Sir Henry Wotton, che nel suo Elements of Architecture parlava di tre imperativi dell'opera architettonica: robustezza, funzionalità e piacere, ovvero solidità dei materiali e della costruzione (=stabilità), adattamento razionale degli spazi alle loro finalità (=utilità) e produzione di un piacere estetico (=bellezza).
Questi tre fattori possono essere messi in una ipotetica scala gerarchica: un edificio ha innanzitutto bisogno di stare in piedi, poi può ricoprire una funzione per la società, infine può essere costruito secondo criteri estetici; ma l'attenzione alla bellezza non può venire prima dell'attribuzione di una destinazione, né qualsiasi uso o decorazione possono essere messo in atto se manca la stabilità strutturale.

Architettura e stabilità: la statica

Un edificio (ed in particolare un'opera di architettura) devono essere ancorati al suolo; nessun oggetto mobile può essere un edificio o un'opera di architettura.
Per garantire stabilità a un edificio si deve ricorrere alle nozioni della statica e della scienza delle costruzioni, cioè a quei principi di fisica, chimica e meccanica che assicurano l'equilibrio della costruzione, cioè lo stare in piedi e non crollare.
Le forze che agiscono su una costruzione sono molteplici: innanzitutto il peso proprio della struttura, i carichi accidentali (persone, arredi, merci depositate...); poi vi sono le forze esterne, dovute agli agenti atmosferici (vento, peso della neve), ad eventi ordinari (oscillazioni del traffico stradale, spinta del corso dell'acqua su un ponte) o straordinari (sismi, bufere) o ad altro.
Le forze che agiscono sugli edifici possono essere di svariati tipi, non solo di compressione dall'alto verso il basso, ma anche laterali (con le strutture spingenti), di torsione, di taglio, eccetera.
Essendo ogni forza compensata da un'altra di pari grandezza ma di direzione opposta, la condizione di equilibrio viene raggiunta quando la somma di tutte le forze e dei loro momenti (grandezza per distanza sul punto di applicazione) è zero.

Architettura e utilità: opera architettonica o opera scultorea?


Architettura come spazio interno, Basilica di Sant'Apollinare in Classe, Ravenna.
Secondo il critico Bruno Zevi il criterio distintivo dell'architettura era lo spazio interno: la presenza o meno di un ambiente abitabile e usufruibile per l'uomo era la condizione sine qua non si poteva parlare di architettura; tutto il resto era in funzione di questo assunto. Le conseguenze di questa affermazione sono che edifici fatti senza spazio interno (o con uno spazio irrilevante) non sarebbero architettura: Zevi indicava come esempio lampante le Piramidi di Giza, enormi "sculture" all'aperto, ma non architetture; nemmeno il tempio greco era architettura, poiché la sua limitata cella era destinata all'abitazione simbolica del dio e non all'uso degli individui, che svolgevano le cerimonie religiose all'esterno.
Walter Gropius era sostanzialmente d'accordo con questa definizione, anche se la adattò in senso più astratto: per lui l'architettura era l'arte di organizzare lo spazio e si esprime per mezzo della costruzione di edifici.
La definizione di Zevi è logica, ma è molto rigida ed esclude dal campo d'indagine dell'architettura molte opere tradizionalmente considerate "architettoniche".
Un suo superamento si può avere considerando anche la struttura e la costruzione di un'opera: quando un fabbricato viene murato secondo i criteri dell'edilizia, anche se non ha uno spazio interno, ecco che comunque si può parlare di edificio, non di scultura. È chiaro pertanto nel nostro modo di pensare che una scultura nasca dallo "scolpire" (ovvero dal togliere) e un edificio dal "murare" (ovvero dal mettere): ecco che quindi il Monte Rushmore, per quanto colossale, è considerato intuitivamente scultura e le Piramidi, anche se fossero prive di qualsiasi ambiente interno, architettura.
Una via di mezzo tra le due concezioni è guardare invece alla funzione delle strutture "costruite" che definiamo edifici: grazie all'utilità (sia accogliere la salma di un faraone, lo spirito di un dio o una comunità in preghiera) possiamo parlare di architettura, altrimenti si parla semplicemente di scultura in grande scala. Così vengono ricomprese nell'architettura anche strutture "aperte" come i ponti o gli anfiteatri.

Architettura e bellezza: opera architettonica o opera edilizia?


Edilizia: una rimessa di biciclette ad Amsterdam.

« Una rimessa di biciclette è un edificio. La Cattedrale di Lincoln è un'opera di architettura »

L'edilizia in genere può essere definita come la costruzione di edifici per fini pratici (difendersi dagli agenti atmosferici): non è necessariamente contemplata la componente estetica, cioè non è detto che vengano dati all'edificio connotati di "bellezza".
Fino ad alcuni secoli fa la discriminante era la presenza o meno di un progetto teorico a monte, di un disegno. Oggi questa distinzione si è un po' complicata perché nel mondo moderno sono scomparse quelle forme di edilizia spontanea priva di progetto e l'uso del disegno è necessario anche in opere di semplice edilizia. Si può dire che per parlare di "estetica" di un'opera architettonica ci deve essere un'idea, un concetto formale, che si aggiunga alle considerazioni strutturali e funzionali, e si espliciti nella forma dell'opera architettonica (in questo senso può esistere anche un'architettura spontanea). In altre parole serve che ci sia un elemento di "gratuità" intesa nel senso greco del termine (di bellezza, grazia, e di gratuità come la intendiamo noi), cioè una ricerca del bello senza condizionamenti. Si esprime così la volontà di espressione dell'architetto determinata dal suo sentire estetico e artistico.

Architettura: il Capitolo della Cattedrale di Lincoln, Inghilterra.
Esiste anche infatti una separazione tra colui che si occupa prevalentemente (ma non solo) di aspetti tecnici strutturali, l'ingegnere, e colui che si dedica più in generale ad aspetti estetici, l'architetto (anche se oggi i due campi hanno confini ormai molto labili).
Tra i tre elementi basilari dell'architettura quello visivo, in senso spaziale e monumentale, è quello che ci impressiona maggiormente. Le qualità strutturali (cioè come l'edificio faccia a stare in piedi) sono infatti spesso nascoste o pienamente comprensibili solo dagli esperti del settore; le qualità funzionali sono invece spesso date per scontate od ovvie e sebbene ci possano impressionare positivamente non riescono a colpirci profondamente come la monumentalità. Ad esempio si può restare colpiti dalla comodità di una stazione ferroviaria o dall'accoglienza di una chiesa, ma è più facile che ci resti scolpita nella memoria la sensazione di bellezza e di imponenza degli edifici stessi.
Lo stesso Pevsner individua tre elementi che contribuiscono al raggiungimento di un effetto estetico:
  • il trattamento delle superfici, i rapporti tra pieni e vuoti, la disposizione delle aperture e la presenza di un apparato decorativo;
  • la relazione tra i diversi blocchi che costituiscono un edificio e la loro articolazione volumetrica;
  • l'effetto sensoriale che scaturisce dal trattamento degli interni e dalla disposizione dei vari ambienti.
L'architettura si configura quindi come un'arte spaziale, capace di modellare le superfici ed i volumi con gli stessi criteri di percezione e comunicazione visiva dei pittori e degli scultori[2], che non si riduce alla sola componente visiva, ma che è anche legata alle sensazioni che vivere uno spazio (oltre che vederlo) riesce a trasmettere.

Lo "sguardo architettonico"


« [Un grande edificio] è capace di impressionarci esteticamente come nessun'altra opera d'arte: ci seduce, ci circonda, dà forma alla nostra vita e ci protegge; (...) domina il paesaggio; (...) capta come nessun'altra forma lo spirito dei tempi. »

(Marvin Trachtenberg e Isabel Hyman, Arquitectura, Akal, Madrid, 1990.)

Galleria di Palazzo Spada, Roma. La galleria è lunga 8,82 metri, ma dà l'impressione di una trentina di metri.
L'architettura, a differenza di altre forme artistiche quali per esempio la pittura e la scultura, non si presenta in maniera "completa" allo spettatore: per esempio un dipinto è fatto per essere visto standogli di fronte, una scultura può richiedere di girarci intorno, ma di un'architettura si possono avere solo delle impressioni parziali dell'insieme: ad esempio solo la facciata dell'edificio, solo una stanza per volta, solo una veduta in pianta. Soltanto con uno sforzo intellettivo possiamo quindi valutare l'insieme reale di un complesso architettonico.
Su questo aspetto di esperienza "parziale" dell'osservatore a volte alcuni architetti ed artisti hanno anche giocato: si pensi solo all'esempio della galleria prospettica di Palazzo Spada a Roma, dove Francesco Borromini deformò gli elementi architettonici per dare l'idea di una grande profondità che in realtà non esiste.
Witelo, un matematico e fisico del XIII secolo originario della Slesia, scriveva che "L'occhio non può comprendere la forma vera delle cose con il semplice sguardo (aspectus), ma sì con l'intuizione diligente (obtudus)". L'"obtudus" è quindi un sguardo penetrante, raziocinate, mentre l'"aspectus" è la semplice visione esteriore: va da sé che solo con l'uso del primo si può comprendere un'opera architettonica, mentre l'"aspectus" è sufficiente per la pittura e gran parte della scultura.
La percezione dello spazio è un aspetto complesso dell'esperienza umana e non è riducibile al senso della vista. Ammirare la foto di un edificio in una rivista e visitare lo stesso edificio inserito nell'ambiente costituiscono esperienze diverse, incomparabili. Ancora, più visite allo stesso edificio possono dare sensazioni molto diverse, ad esempio a seconda dell'ora del giorno e della stagione. Per cogliere la ricchezza dell'architettura è necessario farne esperienza diretta.

Pilastri gotici nella Basilica di Saint Denis, presso Parigi (opera di Emil Pierre Joseph de Cauwer).

« La forma architettonica parte da un'idea, di chi progetta, e torna a un'idea, di chi la percepisce. Non necessariamente - anzi quasi mai - (...) coincidono. »

(Giovanni Leoncini, Introduzione alla storia dell'architettura)
Un altro elemento di difficoltà è rappresentato dalla costante evoluzione nei secoli delle forme degli edifici, in relazione al mutare delle necessità della società. I grandi edifici antichi non venivano considerati come opere "finite"[3], al pari di una quadro o di una statua, ma venivano periodicamente modificati e aggiornati, acquisendo una sorta di "vita" evolutiva: alcuni[4] parlano in questo caso di formatività, intesa come il processo dinamico a più riprese di invenzione e produzione. Per questo davanti ad un'opera del passato, in maniera più frequente davanti ad un'opera architettonica, dobbiamo immaginare di sfogliare strati a "cipolla" di aggiunte, manomissioni e sottrazioni di epoche diverse.
Questa difficoltà di percezione ha come conseguenza che sia difficile avere un'esperienza "univoca" dell'architettura e il concetto stesso di quest'arte è difficilmente inquadrabile in termini assoluti, come testimoniano anche la grande varietà di definizioni che si sono succedute nei secoli.
Una corretta percezione di una costruzione da luogo alla comprensione della forma architettonica. La forma architettonica è la summa di tre fattori sostanziali, combinati organicamente e non in gerarchia:
  1. Le strutture (gli elementi costruttivi)
  2. Lo spazio (inteso come la disposizione nell'ambiente con volumi pieni e vuoti)
  3. Il disegno
Una perfetta fusione di questi tre fattori dà un'opera architettonica quale "opera d'arte". Un esempio possono essere i pilastri gotici di una basilica come Saint Denis presso Parigi: la struttura è composta dai conci di pietra appositamente scolpiti e sovrapposti; questa struttura da vita a uno spazio pieno, cioè al volume stesso del pilastro, che si estende nello spazio vuoto della navata; questo volume ha un disegno tridimensionale, che però non è dovuto solo a motivi decorativi, ma ciascuna semicolonnina che vi si affaccia si prolunga in precisi elementi architettonici (degli archi, del cleristorio, fino ai costoloni delle volte), per cui si può dire che i tre fattori sono inestricabilmente collegati.

Architettura e volume

Tra i fattori costitutivi dell'architettura c'è la valutazione del volume costruito, cioè del modo di disporsi e rapportarsi degli edifici nello spazio. Si hanno così due estremi, tra i quali esiste una vasta gamma di possibilità:
  1. architetture in funzione del solo volume.
  2. architetture in funzione del solo spazio.
Con spazio si intende uno spazio "artificiale" creato dalla costruzione, che sia finito, ordinato e protetto, a differenza dello spazio naturale aperto.
Un esempio di architettura di solo volume è una forma pura come quella delle Piramidi, la cui struttura è dettata dal raggiungimento di una forma esterna e si disinteressa quasi completamente dello spazio interno. Un caso opposto di architettura eretta a partire dello spazio può essere quello di una basilica cristiana, nella quale la costruzione esterna può essere vista come un semplice involucro determinato dallo spazio interno. Un esempio di compenetrazione intermedia può essere quello del tempio greco, dove spazi vuoti e pieni sono determinati da precisi rapporti, con alcuni elementi di volume indipendente, come le colonne, e altri che invece perderebbero di significato se isolati dal contesto dell'edificio al quale appartengono.
Lo studio della storia dell'architettura non è solo un mero esercizio di individuazione degli stili e delle tecniche e della loro evoluzione nel tempo. È importante capire anche quali sono i fini che una società rispetto a un edificio, le conoscenze tecniche e i materiali disponibili che hanno determinato la costruzione. Per esempio si possono elencare le differenze oggettive tra: un tempio greco dell'antichità e una chiesa. Nell'antichità le funzioni religiose avvenivano all'esterno dell'edificio: la cella era riservata alla simbolica residenza del dio, qui accedevano solo pochissimi sacerdoti, mentre nella chiesa la comunità dei fedeli si riuniva al suo interno, quindi è chiaro che l'edificio diventava luogo chiuso dove praticare le ritualità religiose.
Nella realizzazione di un'opera architettonica hanno da sempre concorso sia le richieste di una committenza sia l'estro e la fantasia degli artisti. La mancanza di fatto di edifici fini a sé stessi (quando si costruisce c'è sempre almeno uno scopo pratico per il quale la costruzione è destinata) fa sì che l'aspetto della convergenza degli interessi di artisti e committenti sia rimasto un concetto chiave, rispetto ad altre forme di attività artistica dove l'artefice si è ormai affrancato dalla domanda.

La Cattedrale di Brasilia, la cui architettura è carica di riferimenti simbolici.
I primi esempi di "architettura" come unione di stabilità, funzionalità e bellezza non sono quindi da ricercare nell'edilizia di tipo abitativo (in antico dettata solo da basilari esigenze di sussistenza), ma negli edifici collettivi (religiosi o civili) di quelle prime civiltà come quella mesopotamica o egizia: in tali opere confluivano infatti tutti gli sforzi di una comunità, compresa l'esigenza di abbellimento quale specchio del suo prestigio e della sua ricchezza.
Un'architettura istintivamente votata alla bellezza si rintraccia già all'origine della civiltà, ma è comunque con il tempio greco che la maggior parte degli studiosi concordano nello stabilire almeno un punto fermo nell'evoluzione dell'arte del costruire: un primo traguardo inequivocabile di struttura architettonica completa di valenze progettuali, estetiche e funzionali, corroborata dalla teorizzazione degli ordini architettonici. I tre tipi di ordine (dorico, ionico e corinzio) infatti sono relativi a questioni puramente estetiche e la loro nascita indica come ormai non si guardasse più all'edificio solo secondo un punto di vista funzionale.
Negli edifici infine sono confluiti nel tempo tutta una serie di valori, con diversi gradi di intensità, che ne hanno influenzato la storia e la forma:
  • valori funzionali, legati cioè a determinati bisogni dell'individuo e della società;
  • valori simbolici, rapportati a realtà di altro ordine;
  • valori sacri, della sfera religiosa;
  • valori sociali, in relazione ai caratteri e alla configurazione della società;
  • altri valori (personali del committente o dell'architetto, valori universali, ecc...)
L'effetto estetico non scaturisce quindi da un mero impatto visivo: ad esempio, nelle architetture riconducibili al Movimento Moderno, lo spazio viene modellato sulla base di precise esigenze funzionali e quindi il raggiungimento di un risultato estetico deriva dal perfetto adempimento di una funzione.
In definitiva l'architettura, più che espressione del singolo individuo (l'architetto) è quella di un ambiente, di un'epoca, di una società: tutt'al più, proprio valutando il maggiore o minore apporto personale dell'architetto rispetto al contesto generale, emergerà con più o meno forza il suo "genio".
Nell'architettura high-tech, che vede nel Centre Pompidou di Renzo Piano una delle opere paradigmatiche, sono gli aspetti tecnici e strutturali che delineano i canoni di una nuova estetica, più aperta alle innovazioni tecnologiche e che porta di fatto ad un superamento della costante e dannosa dicotomia tra architetti ed ingegneri.

Note

  1. ^ Giacomo Devoto, Dizionario etimologico
  2. ^ N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, Bari 1998, pp. 5-6.
  3. ^ Il concetto di preservazione delle forme di un bene culturale è un concetto relativamente recente, frutto della mentalità del dopoguerra.
  4. ^ Lauigi Payreson, Estetica. Teoria della formatività, p. 7-10.

Bibliografia

  • AA.VV. Enciclopedia dell'Architettura, Garzanti, Milano 1996, ISBN 88-11-50465-1
  • Sergio Bollati e Giuseppe Lonetti, L'organismo architettonico, Alinea, Firenze 1990
  • Giorgio Cricco e Francesco Di Teodoro, Itinerario nell'arte, Zanichelli, Bologna 2003 ISBN 88-08-21740-X
  • W. Müller e G. Vogel, Atlante di architettura, Hoepli, Milano 1992, ISBN 88-203-1977-2
  • Pevsner, Fleming e Honour, Dizionario di architettura, Utet, Torino 1978 ISBN 88-06-51961-1; ristampato come Dizionario dei termini artistici, Utet Tea, 1994
  • B. Tschumi e M. Berman, Index. Archivio dell'architettura contemporanea, postmedia books, Milano 2004, ISBN 88-7490-017-1

Voci correlate

Ingegneria civile

La passerella di Marc Mimram sul Reno, Jardin des deux rives, Strasburgo

Progettazione 

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