Firenze-Santa Croce
LA BASILICA DI SANTA CROCE

« ma più beata che in un tempio accolte serbi l'itale glorie, » | |
(Ugo Foscolo Dei Sepolcri, vv.123 e segg.) |
Santa Croce è un simbolo prestigioso di Firenze, il luogo di incontro dei più grandi artisti, teologi, religiosi, letterati, umanisti e politici, che determinarono, nella buona e cattiva sorte, l'identità della città tardo-medievale e rinascimentale. Al suo interno trovarono ospitalità celebri personaggi della storia della Chiesa come san Bonaventura, Pietro di Giovanni Olivi, sant'Antonio da Padova, san Bernardino da Siena, san Ludovico d'Angiò. Fu anche luogo d'accoglienza per pontefici come Sisto IV, Eugenio IV, Leone X, Clemente XIV.
Nei suoi archivi sono custodite testimonianze che ci tramandano la costruzione quotidiana, nel corso dei secoli, di un grande progetto architettonico, artistico e di fede.
Storia

La basilica durante l'alluvione

Nel 1966 l'alluvione di Firenze inflisse gravissimi danni al complesso della basilica e del convento, situati nella parte più bassa di Firenze, tanto da diventare tristemente nota come simbolo delle perdite artistiche subite dalla città (soprattutto con la distruzione del Crocifisso di Cimabue), ma anche della sua rinascita dal fango, attraverso la capillare opera di restauro e di conservazione.
Architettura esterna
La facciata
La basilica è rialzata dal suolo di otto gradini.
Originariamente la facciata era incompiuta, come in molte basiliche fiorentine. La parete di pietraforte a vista assomigliava molto a quello che ancora si vede a San Lorenzo, sebbene di forma e proporzioni diverse. Nel Quattrocento, la famiglia Quaratesi si era fatta avanti per finanziare la realizzazione della facciata affidandola a Simone del Pollaiolo detto Il Cronaca. La condizione era però che lo stemma Quaratesi apparisse bene in vista al centro del fronte principale, ma scoraggiò i frati francescani dall'accettare la proposta, e la ricca famiglia decise così di dedicarsi all'abbellimento di un'altra chiesa francescana, San Salvatore al Monte.
La facciata odierna fu realizzata tra il 1853 e il 1863, ad opera dell'architetto Niccolò Matas, che si ispirò alle grandi cattedrali gotiche come il duomo di Siena e il Duomo di Orvieto, rivisti alla luce della sua epoca prendendo esempio in particolare dall'opera di Emilio De Fabris per la facciata di Santa Maria del Fiore. Il risultato finale venne aspramente criticato, ed è tutt'oggi controverso per il suo artificioso stile neogotico. Si trattò tutto sommato di un cantiere che non provocò perdite di antichi manufatti e che coronò grandiosamente la piazza, alimentando il mito di Santa Croce in Italia e all'estero. Il cantiere fu finanziato in larga parte dal facoltoso protestante inglese Sir Francis Joseph Sloane. La stella di Davide inserita nel timpano della facciata, pur non sconosciuta come simbolo cristiano, viene generalmente intesa come un'allusione alla fede religiosa ebraica dell'architetto Matas.
Tra le opere d'arte che appaiono sulla facciata spiccano le tre lunette dei portali, che ricordano la leggenda della Vera Croce, alla quale la chiesa è dedicata: da sinistra sono il Ritrovamento della Croce di Tito Sarrocchi, il Trionfo della Croce di Giovanni Duprè e la Visione di Costantino di Emilio Zocchi.
Il portale centrale ha le porte bronzee che fino al 1903 erano sul Duomo. Davanti al portale si trova la sepoltura di Matas.
I fianchi
Inconfondibile è il profilo esterno della basilica, coi fianchi ritmati dai nudi timpani triangolari delle false campate della navata (la copertura non è infatti a volta, secondo lo stile paleocristiano che Arnolfo aveva visto a Roma). Su ciascun scomparto si apre un'alta bifora, mentre il paramento è in semplice pietraforte a vista, decorato solo da pluviali a forma di teste umane o leonine, oggi molto sciupati.
Un portico analogo si trova anche sul lato destro, affacciato sul Chiostro Grande.
Le cuspidi triangolari proseguono anche sul lato tergale, ma sono visibile solo dal giardino interno dell'isolato, che è privato (l'unico modo per accedervi è passare dalla Scuola del Cuoio o dalla scuola elementare), o da lontano, come dal piazzale Michelangelo.
Il campanile
L'esile campanile risale solo al 1847-1865[1], opera di Gaetano Baccani; anche qui, come per la facciata, il progetto quattrocentesco, affidato a Baccio Bandinelli si era risolto in un niente di fatto. La realizzazione ottocentesca viene giudicata generalmente come abbastanza graziosa per la sua defilata semplicità, anche se la decorazione con la ghiera sulla cuspide rivela l'ispirazione eclettica moderna. La struttura raggiunge un'altezza totale di m 78,45.
La statua di Dante
Monumento a Dante Alighieri

L'alto piedistallo è decorato da leoni marzocchi e dagli stemmi delle città italiane.
Architettura interna

La grandiosa navata centrale (m. 115,43x38,23) segna una tappa fondamentale nel percorso artistico e ingegneristico che condurrà alla navata di Santa Maria del Fiore. I muri sottilissimi, sostenuti da archi a sesto acuto su pilastri ottagonali, richiamano le basiliche paleocristiane di Roma dove Arnolfo lavorò a lungo, ma la scala è infinitamente più grande e i problemi strutturali costituirono una vera e propria sfida alle capacità tecniche del tempo. La risoluzione di questi problemi costituì un precedente importante per la grande sfida della costruzione del corpo basilicale della cattedrale cittadina.
In particolare il ballatoio che corona le arcate e cinge la navata centrale non è solo un espediente stilistico per accentuare l'andamento orizzontale della costruzione e frenare il goticismo allora poco gradito a Firenze, ma costituisce un legamento strutturale per tenere assieme le esili membrature e i vasti specchi murari.

Arnolfo, rispettando in qualche modo lo spirito francescano, disegnò una chiesa con una pianta volutamente spoglia, con ampie aperture destinate all'illuminazione delle pareti sulle quali, come già in altre chiese francescane prima fra tutte quella di Assisi, dovevano essere affrescati grandi cicli figurativi destinati a narrare al popolo analfabeta le Sacre scritture (la cosiddetta Bibbia dei Poveri). Ma la grande chiesa, costruita con i contributi delle principali famiglie fiorentine, non dispone delle consuete tre cappelle al capocroce, ma ne allinea ben undici, più altre cinque dislocate alle estremità del transetto. Queste cappelle erano destinate alle sepolture dei donatori e ricevettero ricchissime decorazioni murali per mano dei maggiori maestri dell'epoca.
Le cappelle
Cappella Maggiore
La Cappella Maggiore si ispira all'architettura gotica più pura di matrice transalpina, pur mediata dalla sobrietà all'italiana, con un forte slancio verticale, sottolineato dalle nervature a ombrello nella volta e dalle strette bifore, estremamente lunghe. Gli affreschi che la decorano sono le Storie dell'invenzione della vera croce, un tributo al nome della chiesa, realizzati da Agnolo Gaddi attorno al 1380.
Di Agnolo Gaddi sono anche i disegni per le vetrate, tranne gli oculi più alti, che sono più antichi. La croce dipinta è del Maestro di Figline, mentre il polittico dell'altare maggiore è frutto di una ricomposizione: la Madonna al centro è di Niccolò Gerini, mentre i Dottori della Chiesa sono di Giovanni del Biondo e di un altro pittore sconosciuto.
- L'Arcangelo Michele presenta a Seth un ramo dell'albero della scienza
- Seth pianta l'albero sulla tomba di Adamo
- L'albero cresce e se ne fa un ponte dove si inginocchia la regina di Saba, poi Salomone fa estrarre e affondare quella trave
- Gli Israeliti prendono da una piscina quel legno e ne fanno la Croce
- Sant'Elena fa scavare e ritrova la Santa Croce.
Parete sinistra, dall'alto:
- Sant'Elena porta trionfalmente la Croce a Gerusalemme
- Cosroè, re dei Persiani, conquistata la città, porta via la Croce e si fa adorare dal suo popolo
- Sogno di Eraclio, imperatore di Bisanzio, vittorioso
- Eraclio fa decapitare Cosroè e ritorna a Gerusalemme dove, deposte le vesti regali, entra riportando la Croce.
Cappelle di destra
Morte di San Francesco, Giotto, Cappella Bardi

Ascensione di San Giovanni, Giotto, Cappella Peruzzi

Le altre tre cappelle di destra sono: la Cappella Giusti, con le tombe di Giulia Bonaparte (opera di Luigi Pampaloni) e di Carlotta Bonaparte (con busto di Lorenzo Bartolini); la Cappella Riccardi, che conserva il busto-reliquiario in argento della Beata Umiliana de' Cerchi e affreschi sulla volta e sulle lunette di Giovanni da San Giovanni e tre tele della fine del Cinquecento/inizio del Seicento: a destra l'Estasi di San Francesco di Matteo Rosselli, sull'altare il Ritrovamento dell Croce di Giovanni Bilivert e sulla parete sinistra l'Elemosina di San Lorenzo di Domenico Passignano; la Cappella Velluti, con affreschi trecenteschi di autore ignoto e un polittico sull'altare di Giovanni del Biondo con predella di Neri di Bicci.
Sempre a destra, alla testata del transetto, si trova la cappella Baroncelli, composta da due campate (una ampia la metà dell'altra) e affrescata da Taddeo Gaddi con Storie della Vergine (1332-1338), dove il grande discepolo di Giotto condusse i suoi studi sulla luce (con la prima raffigurazione pervenutaci di una scena notturna nell'arte occidentale) e autore anche dei disegni per la vetrata, delle quattro profeti all'esterno e forse anche della pala d'altare, da alcuni attribuita a Giotto. Sulla parete destra si trova una Madonna della cintola, affrescata da Sebastiano Mainardi. Alla famiglia Baroncelli apparteneva la tomba gotica posta sulla parete esterna, opera di Giovanni di Balduccio del 1327, lo stesso autore delle statuette dell'Arcangelo Gabriele e dell'Annunziata sui pilastri dell'arcata. La scultura della Madonna col bambino dentro la cappella è di Vincenzo Danti (1568)
La Cappella Castellani, a doppia campata, invece fu affrescata da suo figlio Agnolo Gaddi con aiuti e presenta Storie dei santi Antonio Abate, Giovanni BattistaGiovanni Evangelista e Nicola di Bari. Il tabernacolo della cappella è opera di Mino da Fiesole, mentre la Croce dipinta è di Niccolò Gerini. Le statue di scuola robbiana rappresentano San Francesco e San Domenico, mentre tra le lastre tombali spicca quella a Luisa Stolberg contessa d'Albany, opera di gusto neorinascimentale di Luigi Giovannozzi e Emilio Santarelli su disegno di Charles Percier (1824 circa).
Cappelle di sinistra
Si chiama "dei Bardi di Vernio" anche la cappella alla testa del transetto, dove è conservato il Crocifisso di Donatello che diede luogo ad una disputa, secondo il Vasari, fra lui e Filippo Brunelleschi: egli giudicò questo Cristo troppo rozzo e contadino e realizzò come termine di paragone l'unica sua scultura lignea a noi pervenuta, il Crocifisso che ora si trova nella Cappella Gondi della basilica di Santa Maria Novella. La cappella ha la cancellata originaria del 1335, inoltre vi sono collocati il ciborio e i due angeli in legno dorato che all'epoca di Vasari erano stati creati per decorare l'altare maggiore della chiesa. La parete esterna ospita un sarcofago trecentesco di scuola pisana.
Accanto a questa cappella, sempre alla testa del transetto, si trova la Cappella Niccolini, eretta da Giovanni Antonio Dosio nel 1584, con una cupola affrescata dal Volterrano, statue di Pietro Francavilla e due pale di Alessandro Allori. Infine, sul lato ovest del transetto sinistro, si trova la Cappella Machiavelli-Salviati, con la pala d'altare raffigurante il Martirio di San Lorenzo di Jacopo Ligozzi; conserva varie tombe all'interno, tra le quali spicca quella della contessa Sofia Zamoyska di Lorenzo Bartolini (1837-1844), in stile neorinascimentale aggiornato con un tocco di realismo nel lenzuolo scomposto.
Poco avanti, sul pavimento del transetto, resta la lastra tombale di Bartolomeo Valori, opera di Lorenzo Ghiberti oggi molto consunta (1427 circa).
Cappella Medici
Uscendo dalla testa del transetto destro si passa dal portale disegnato da Michelozzo, architetto prediletto della famiglia Medici, con ante intagliate da Giavanni di Michele e sormonatato da un frammento di affresco con la Disputa del Tempio di Taddeo Gaddi. Si giunge così all'androne del Noviziato, che porta alla Sagrestia ed alla Cappella Medici.

La Cappella Medici, o "del Noviziato", ha una decorazione molto semplice ed essenziale, a base rettangolare coperta da volte e con una scarsella che racchiude l'altare. La pala principale della cappella è la terracotta invetriata di Andrea della Robbia con la Madonna col Bambino tra angeli e santi, risalente attorno al 1480. La vetrata è su disegno di Alesso Baldovinetti. Sulla parete destra si trova il monumento a Francesco Lombardi, composto con più frammenti quattrocenteschi, tra i quali una Madonna col Bambino e angeli della scuola di Donatello.
Sacrestia
Da qui si accede anche alla grande sacrestia, un grande ambiente coperto a capriate e ricco di affreschi. Gli armadi lignei sono quattrocenteschi, con intarsi di Michele di Giovanni da Fiesole[2] ed espongono oggi reliquiari e corali miniati. Più antico è il banco d'angolo, trecentesco, che faceva forse un tutt'uno con l'armadio a sportelli dipinti per reliquie, le cui formelle con quadrilobi dipinti da Taddeo Gaddi sono oggi nella Galleria dell'Accademia.

Sul lato est, in corrispondenza delle vetrate che danno luce alla stanza, si apre la grande Cappella Rinuccini, con gli affreschi eseguiti tra il 1363 e il 1366 da Giovanni da Milano (alcuni li attribuivano a Spinello Aretino). La parete destra presenta le Storie della Maddalena e quella di sinistra le Storie della Vergine, con la parte inferiore completata da Matteo di Pacino. Benché l'affresco non fosse il tipo di pittura congeniale del grande continuatore della pittura giottesca Giovanni da Milano, in queste opere è comunque significativamente apprezzabile la ricchezza della sua gamma cromatica calda e pallida (a differenza dei pittori contemporanei fiorentini, più fedeli ai forti toni del rosso e del blu), superfici lisce e sfumate delicatamente, scene maestose e composte. Il polittico sull'altare è di Giovanni del Biondo. La cancellata della cappella è originale e risale al 1371.
Tombe e opere nelle navate
Santa Croce come pantheon degli artisti
Le navate sono rischiarate da numerose vetrate, spesso risalenti al Tre e Quattrocento.
La basilica custodisce innumerevoli tombe. Solo sul pavimento sono disseminate 276 lastre di marmo con rilievi e stemmi intarsiati e molti monumenti funebri si trovano sulle pareti tra gli altari vasariani (molte di uomini illustri), nonostante uno sfoltimento avvenuto all'inizio degli anni sessanta, che rimosse gran parte delle tombe aristocratiche ottocentesche, oggi sistemate in un corridoio sotto la loggetta del Chiostro Grande.
Sebbene la basilica fosse stata usata come luogo di sepoltura di molti personaggi illustri, al pari di molte altre chiese, è solo nell'Ottocento che diventò un vero e proprio pantheon di personaggi celebri legati all'arte, alla musica e alla letteratura. Nel 1871 infatti veniva qui sepolto con una affollatissima cerimonia pubblica Ugo Foscolo, morto nel 1827 in Inghilterra, secondo il suo stesso desiderio di essere sepolto accanto ad altri grandi personaggi toscani come Michelangelo e Galileo. Dopo questo episodio iniziarono ad arrivare altre salme di celebrità decedute anche molti anni prima, come Gioachino Rossini nel 1887, Leon Battista Alberti, Vittorio Alfieri, eccetera, per i quali i migliori scultori dell'epoca realizzarono i monumenti che ancora si allineano nella navata. Anche per Dante fu approntato un grande sepolcro, ma la città di Ravenna si rifiutò strenuamente di consegnare le spoglie del poeta morto in esilio.
Santa Croce arrivò ad ospitare quindicimila salme, con una grande mole di richieste da tutta Italia dopo che la sua fama di custode delle Urne de' forti si era diffusa. Ciascuna richiesta era esaminata da un'apposita commissione e approvata dal Granduca in persona, il quale stabiliva anche l'entità dell'elargizione di volta in volta[3].
Fra i monumenti antichi, quello del primo personaggio di rilievo ad essere qui sepolto è di Leonardo Bruni, per il quale Bernardo Rossellino ideò una tomba ad arcosolio rinascimentale (1444-45), cioè con il sepolcro posto dentro una rientranza formata da un gradone e da un arco a tutto sesto che lo chiude in alto. Analogamente fu creata la tomba del suo successore Carlo Marsuppini, per mano di Desiderio da Settignano.
Controfacciata
Sulla controfacciata sono posti i monumenti funebri al drammaturgo Giovan Battista Niccolini (con una personificazione della Civiltà di Pio Fedi del 1883) ed a Gino Capponi, con la Fama di Antonio Bortone (1884). A destra di quest'ultimo una targa e un busto ricordano il botanico Giovanni Targioni Tozzetti. La vetrata del rosone presenta una Deposizione, su cartone di Giovanni del Ponte.
Navata destra
L'Annunciazione di Donatello
La tomba più famosa è forse quella di Michelangelo Buonarroti, tra il primo e il secondo altare della navata destra, progettata dal Vasari dopo che le spoglie del grande artista arrivarono a Firenze da Roma (1564). Sopra al sepolcro tre sculture rappresentano le personificazioni della Pittura (di Battista Lorenzi, autore anche del busto dell'artista), della Scultura (di Valerio Cioli) e dell'Architettura (di Giovanni dell'Opera), rattristate per la scomparsa del grande maestro, ma tutto l'insieme del sepolcro è una commistione di pittura, scultura ed architettura. Gli affreschi che lo decorano sono di Giovan Battista Naldini.
Davanti a Michelangelo, sul pilastro, è collocata la scultura della Madonna del Latte di Antonio Rossellino (1478) collocata sopra la tomba di Francesco Nori, morto per salvare la vita di Lorenzo il Magnifico durante la cosiddetta congiura dei Pazzi.
Proseguendo nella navata destra si incontra prima il cenotafio di Dante, smisurato monumento del 1829; piangono il poeta le figure dell'Italia e della Poesia di Stefano Ricci, impostate su uno stile neoclassico alla Canova, ma contaminate dallo spirito neomedievale, romantico e celebrativo del tempo.
Dopo il terzo altare si trova il monumento funebre a Vittorio Alfieri di Antonio Canova (1810), con una personificazione dell'Italia piangente appoggiata a un sarcofago classicheggiante con protomi e ghirlande, e un sobrio ornato con il medaglione col profilo del defunto, corone e lire allegoriche.
Sul pilastro successivo poggia il pregevole pulpito di Benedetto da Maiano, a base ottagonale, mirabilmente decorato da cinque formelle scolpite a bassorilievo, con scene della Vita di San Francesco a forte effetto di profondità grazie all'uso sapiente della prospettiva. Sotto ciascuna formella si trovano delle nicchie con statuette delle Virtù.
A fianco dell'altare seguente, il quarto, il monumento a Niccolò Machiavelli di Innocenzo Spinazzi (1787), una delle migliori opere del neoclassico fiorentino con la celebre iscrizione TANTO NOMINI NULLUM PAR ELOGIUM. Particolarmente elegante è l'urna e la figura della Politica, col delicato panneggio e una testa "alla greca".
Dopo il quinto altare si trova il monumento allo storico Luigi Lanzi, di Giuseppe Belli (1810), e poco dopo l'edicola con l'Annunciazione Cavalcanti di Donatello (1435 circa), capolavoro in pietra serena con dorature, realizzata con una tecnica inconsueta. Si tratta di un altorilievo impostato secondo l'anticlassicismo tipico di questa fase dell'opera dello scultore, con contrasto tra la semplicità della materia e la ricchezza della decorazione. I personaggi sono ritratti con una certa inquietudine e una contaminatio con motivi decorativi antichizzanti.
Oltre la porta per i chiostri si trova il già citato monumento a Leonardo Bruni, di Bernardo Rossellino (1444-1445), prototipo di sepoltura rinascimentale ispirato alle indicazioni di Leon Battista Alberti. L'iscrizione fu dettata da Carlo Marsuppini, poi sepolto specularmente nella navata sinistra.
Seguono la tomba di Gioachino Rossini, di Giuseppe Cassioli (1900) e, dopo il sesto altare, la tomba di Ugo Foscolo, di Antonio Berti (1939). Una lapide più in alto ricorda la fondazione della chiesa, mentre alcune lapidi recintate sul pavimento indicano il luogo di sepoltura di alcuni condottieri al soldo della Repubblica fiorentina: Milano d'Asti, Giovanni Acuto e, poco oltre, Biordo degli Ubertini.
Girato l'angolo, sul limite del transetto destro, si trova il monumento funebre al principe Neri Corsini, di Odoardo Fantacchiotti (1860).
Navata sinistra
Tomba di Galileo Galilei
Galileo Galilei è sepolto all'inizio della navata sinistra, dopo il primo altare, e nella stessa tomba giacciono il suo discepolo Vincenzo Viviani e, in base a un recente sopralluogo, a una donna, molto probabilmente sua figlia suor Maria Celeste. Il sepolcro di Galileo è decorato da un busto di Giovan Battista Foggini e le personificazioni dell'Astronomia (di Vincenzo Foggini) e della Geometria di Girolamo Ticciati. Gli affreschi di contorno sono resti della decorazione trecentesca della navata, attribuiti a Mariotto di Nardo. La tomba, posta simmetricamente a quella di Michelangelo, ne ricorda un po' le forme sebbene sia più tarda di un secolo e mezzo.
Il monumento allo statista Vittorio Fossombroni è opera di Lorenzo Bartolini (1844 circa) ed è sormontato da un affresco dell'Assunzione di Maria attribuito ad Agnolo Gaddi.
Tra il quinto e il sesto altare si trova l'entrata laterale sinistra, sormontata dall'organo di Onofrio Zefferini da Cortona (1579), integrato e ampliato nel 1926.
Opera raffinata di Desiderio da Settignano è il quattrocentesco monumento a Carlo Marsuppini, posto simmetricamente e con forme simili a quello di Leonardo Bruni del Rossellino. Il Marsuppini fu il successore di Leonardo Bruni alla cancelleria della Repubblica fiorentina e il suo monumento riprese la forma ad arcosolio dell'altro, con eleganti decorazioni tra le quali Desiderio aggiunse alcuni delicati puttini, tipici della sua produzione.
Poco più avanti si trovano un monumento ottocentesco e il monumento a Leon Battista Alberti, opera di Lorenzo Bartolini.
Chiudono la navata, quasi all'imbocco del transetto, i monumenti ottocenteschi al musicista Luigi Cherubini e all'incisore Raffaello Morghen (1854), opere entrambe di Odoardo Fantacchiotti (il secondo è solo un cenotafio voluto dagli allievi del Morghen, che è invece sepolto nella chiesa di San Martino a Montughi).
I Chiostri e il Museo
Basilica, chiostri e museo di Santa Croce | |
---|---|
![]() Il Crocifisso di Cimabue | |
Tipologia | Arte sacra |
Data di fondazione | |
Fondatori | |
Indirizzo | Piazza Santa Croce, 16 |
Sito | [1] |
Il convento e la storia del museo
Alla basilica corrispondeva uno dei più grandi conventi cittadini. Come a Santa Maria Novella gli ambienti vennero gradualmente secolarizzati a partire dalla fine del Settecento e destinati ad altri usi. Per esempio la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze sorge su un terreno che prima faceva parte del convento ed oggi, fra le varie attività che si tengono nell'ex-cenobio si annoverano una scuola elementare ed una scuola per artigiani del cuoio.
La parte più monumentale del complesso, costituita dall'ex refettorio con il Cenacolo fu allestita come museo già dal 2 novembre del 1900, sotto la direzione di Guido Carocci, dove già esisteva un deposito di opere d'arte, in parte provenienti dalle demolizioni del centro storico del periodo del Risanamento (frammenti architettonici che oggi si trovano nel lapidario del Museo nazionale di San Marco). Il museo venne gradualmente ampliato e inaugurato con un nuovo allestimento il 26 marzo 1959 come Museo dell'Opera di Santa Croce, con i due chiostri, il refettorio principale e qualche altro ambiente, ma il disastro dell'alluvione di Firenze, con l'acqua che qui arrivò a 4,88 metri, rese necessario un lungo periodo di chiusura per approntare i necessari restauri. Venne riaperto solo nel 1975 e un anno dopo, in occasione del decennale dell'alluvione, il martoriato Crocifisso di Cimabue veniva riportato nel museo.
Dal 2000 circa tutto il complesso basilicale fu convertito in un unico grande museo con un unico biglietto a pagamento, che da una parte ha ridotto l'impatto del turismo di massa sui tesori della basilica, dall'altro ha innescato le tipiche polemiche di quando si destina un edificio di culto consacrato ad uso museale, impoverendo il ruolo spirituale di questi ambienti. A fronte di questi cambiamenti oggi non ha più molto senso di parlare di Museo dell'Opera di Santa Croce, essendo tutto il complesso diventato museo.
Nel novembre 2006, appena dopo le celebrazioni per il quarantennale dell'alluvione, diciannove opere pittoriche di grande pregio sono tornate al loro posto dopo un meticoloso e complesso restauro, oggi esposte in un allestimento apposito nel refettorio.
All'appello manca solo la grandiosa tavola dell'Ultima Cena di Giorgio Vasari, all'epoca divisa in grandi segmenti e in deposito da quarant'anni. La soprintendente, Cristina Acidini, ha rivelato come adesso gli sforzi dei restauratori si stanno dedicando al complicato recupero di quest'opera.
I chiostri e la Cappella Pazzi
![]() | Per approfondire, vedi la voce Cappella Pazzi. |
Il Dio padre di Baccio Bandinelli, chiostro grande
Accanto alla cappella Pazzi la cripta della Cappella Castellani ospita l'allestimento di una mostra permanente sull'opera dell'incisore Pietro Parigi.
Sul lato nord si trova la galleria dei monumenti funebri, soprattutto ottocenteschi, che affollavano il primo chiostro e che furono qui spostati e ricomposti dal 1964 al 1986. Il lungo passaggio corre sotto il porticato con loggia del lato nord, ed è lastricato sia sul pavimento che sulle pareti dai monumenti funebri. Tra questi spiccano quello alla cantante Virginia de Blasis di Luigi Pampaloni (1839), quello a Giuseppe Sabatelli di Ulisse Cambi (1844) e quello al musicista Giovanni Pacini di Vincenzo Consani (1874).
Sono restati invece in sede sulla parete d'ingresso i monumenti a Girolamo Segato, della scuola di Lorenzo Bartolini, quello a Florence Nightingale e quello al patriota Giuseppe La Farina (di Michele Auteri Pomar, 1877).

Il refettorio


- San Benedetto in solitudine
- Gesù a cena dal Fariseo
- San Francesco che riceve le stimmate
- Storia di San Ludovico di Tolosa
Alle pareti sono poi esposti sei frammenti di affreschi di Andrea Orcagna, ritrovati sotto l'intonaco cinquecentesco nella navata destra della chiesa. Probabilmente erano stati gravemente danneggiati dall'alluvione del 1557, tanto da costringere il Vasari (che sicuramente non coprì l'opera antica per solo spirito di rinnovamento stilistico, essendo un estremo ammiratore degli antichi maestri fiorentini) a realizzare nuovi altari in pietra serena su un muro a intonaco bianco. I frammenti ritrovati sono comunque notevoli per la vigorosa e drammatica narrazione nelle scene, con un colorito linguaggio pittorico. Vi si distinguono un Trionfo della Morte, un Giudizio universale e una parte di Inferno. Altri affreschi tre-quattrocenteschi sono la lunetta mutila del Compianto di Taddeo Gaddi, già sulla porta della navata sinistra, e la veduta della città di Firenze nella Venuta dei Francescani a Firenze, di Giovanni del Biondo, dove si può riconoscere l'aspetto di piazza del Duomo verso il 1380, con la facciata arnolfiana di Santa Maria del Fiore.
La statua di San Ludovico di Tolosa è una poderosa opera di Donatello, una delle pochissime in bronzo dorato del grande scultore fiorentino (1423-1424), inizialmente realizzata per una nicchia di Orsanmichele, fu poi spodestata dall'Incredulità di San Tommaso di Verrocchio nel 1487 e collocata per più di tre secoli e mezzo al centro della facciata incompiuta di Santa Croce. La statua di Donatello fu uno dei primi grandi bronzi fusi dall'epoca dell'antichità, sebbene vennero assemblati più pezzi, per facilitare la doratura. Vibrante è il contrasto tra la testa e la mano, scolpita con delicato realismo, e la pesantezza del panneggio che nasconde tutto il corpo.
Sempre nel refettorio, vicino alla porta della seconda sala, si trova l'affresco staccato dei Santi Giovanni Battista e Francesco, frammento di un'opera più ampia, nel tipico stile luminoso di Domenico Veneziano, con influssi di Andrea del Castagno (al quale era anche stata attribuita). Si trovava originariamente nel coro e poi sulla parete della navata destra della chiesa.
Qui sono inoltre state esposte le diciannove pale (dipinti su tavola o su tela) danneggiate durante l'alluvione e ricollocate solo nel 2006, al termine di un lungo e capillare lavoro di restauro:
- Madonna con bambino e santi di Nardo di Cione,
- Incoronazione della Vergine di Lorenzo di Niccolò,
- Polittico di San Giovanni Gualberto di Giovanni del Biondo,
- San Jacopo di Lorenzo Monaco,
- San Bernardino da Siena di Rossello di Jacopo
- San Bonaventura di Domenico di Michelino
- Deposizione dalla Croce di Francesco Salviati (che ha subito un recupero quasi miracoloso, dopo che fu ritrovata dilaniata a pezzi)
- La discesa di Cristo al Limbo di Agnolo Bronzino (in seguito al restauro sono stati scoperti dei dettagli "scabrosi" di demoni, censurati in antico).
Le altre sale
Nelle altre cinque sale sono conservate altre pregevoli opere provenienti dalla chiesa e dal convento.
La seconda sala ospita frammenti di affreschi e di vetrate, con opere di Neri di Bicci e, per attribuzione, a Giotto e a Alesso Baldovinetti. Vi sono inoltre modellini ottocenteschi del campanile e della facciata e alcuni dipinti. La lunetta con San Francesco morente che distribuisce il pane ai frati è opera di Jacopo Ligozzi, la cui sinopia si trova nella sala sei. Durante il restauro della Cappella Baroncelli qui è stato conservato il Polittico Baroncelli attribuito a Giotto o a Taddeo Gaddi.

La quarta sala ha affreschi e sinopie del Tre e Quattrocento. La quinta sala mostra la ricostruzione del monumento a Gastone della Torre di Tino da Camaino, altre sculture soprattutto trecentesche (tra cui alcune di Tino di Camaiono e due formelle attribuite a Giambologna) e i modelli in gesso per le statue ottocentesche che decorano la facciata. La sesta e ultima presenta alcuni affreschi staccati, tra i quali spiccano tre, opera di Matteo Rosselli.
Gli Orti
Una serie di antichi orti corrispondono al retro della chiesa, ricchi di alberi (con alcuni grandi esemplari di bagolari, cedri dell'Atlante e dell'Himalaia) sono oggi aree di pertinenza delle scuole Pestalozzi e Vittorio Veneto, della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e della Scuola del Cuoio.
Opere già in Santa Croce
- Taddeo Gaddi, Formelle dell'armadio della sacrestia di Santa Croce, oggi alla Galleria dell'Accademia di Firenze, all'Alte Pinakothek di Monaco e alla Gemäldegalerie di Berlino
- Filippo Lippi, Pala del Noviziato, oggi agli Uffizi
Personalità sepolte o ricordate in Santa Croce
- Leon Battista Alberti
- Dante Alighieri (solo un cenotafio, il poeta è sepolto a Ravenna)
- Vittorio Alfieri
- Antonio Baldi, pittore
- Eugenio Barsanti
- Lorenzo Bartolini
- Virginia de Blasis, soprano
- Idda Botti Scifoni, pittrice
- Leonardo Bruni
- Michelangelo Buonarroti
- Rosa Caiet Piattoli, pittrice
- Gino Capponi
- Giulia Clary, moglie di Giuseppe Bonaparte, e la figlia Carlotta Bonaparte
- Luigi Cherubini (cenotafio)
- Bartolomeo Cristofori, inventore del fortepiano
- Cassono della Torre, arcivescovo di Milano e Patriarca di Aquileia
- Enrico Fermi
- Ugo Foscolo
- Galileo Galilei
- Giovanni Gentile
- Lorenzo Ghiberti
- Vittorio Ghiberti
- Luigi Lanzi
- Niccolò Machiavelli
- Guglielmo Marconi
- Carlo Marsuppini
- Pier Antonio Micheli
- Giuseppe Montani
- Raffaello Morgheni
- Gioacchino Rossini
- Giuseppe Sabatelli, pittore
- Girolamo Segato scienziato
- Luisa di Stolberg-Gedern, moglie di Charles Edward Stuart (compagna di Vittorio Alfieri)
- Fortunata Sulgher, poetessa
- Angelo Tavanti
- Luigi Canina
Note
- ^ Ufficio del Turismo - Firenze
- ^ Foto 1 e 2 degli armadi lignei su The Courtauld Institute of Art
- ^ Per un posto in Santa Croce, articolo sul Corriere Fiorentino (Corriere della Sera) del 4 aprile 2008.
- ^ Touring Club Italiano - Dossier Musei 2009
Bibliografia
- Guida d'Italia, Firenze e provincia ("Guida Rossa"), Edizioni Touring Club Italiano, Milano 2007.
- Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999 ISBN 88-451-7107-8.
- Vedi anche la bibliografia su Firenze.
Voci correlate
SITO DELL'OPERA DI SANTA CROCE
Iscriviti a:
Post (Atom)