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Basilica di San Lorenzo (Firenze)

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Veduta del complesso di San Lorenzo
La Basilica di San Lorenzo è una delle maggiori chiese di Firenze, situata nell'omonima piazzamercato di San Lorenzo. nel centro storico della città, al cui lato si tiene il caratteristico

Indice

Storia della Basilica

La Basilica di San Lorenzo (esterno)
Fu consacrata nel 393 ed è una delle chiese che si contendono il titolo di più antica della città; per trecento anni ha avuto il ruolo di cattedrale, prima di cedere lo status a Santa Reparata, quando vennero solennemente traslate le spoglie del primo vescovo di Firenze, san Zanobi. Fu ampliata e riconsacrata una prima volta nel 1059, con un capitolo di Canonici nella chiesa che diede impulso alla costruzione di alcuni ambienti come il chiostro a lato della chiesa.
Fu deliberato dai Canonici un nuovo ampliamento all'inizio del XV secolo, ma i lavori procedettero inizialmente molto a rilento. Nel 1418 il priore Matteo Dolfini ottenne dalla Signoria il permesso per abbattere alcune case per ingrandire il transetto della chiesa e il 10 agosto 1421 egli celebrò una solenne cerimonia per benedire l'inizio dei lavori. Tra i finanziatori c'era il ricchissimo banchiere Giovanni di Bicci de' Medici, che abitava nel quartiere, e che fece probabilmente il nome dell'architetto che già stava lavorando alla sua cappella, l'odierna Sagrestia Vecchia, cioè Filippo Brunelleschi. La ricostruzione dell'intera chiesa fu un progetto che dovette maturare in un secondo momento, probabilmente dopo il 1421, quando morì il Dolfini. L'inizio dell'intervento brunelleschiano viene generalmente collocato in quell'anno.
Mentre la sagrestia veniva terminata nel 1428 (e nel 1429 vi si celebrarono le esequie solenni di Giovanni de' Medici), i lavori alla chiesa erano invece andati poco avanti ed erano pressoché bloccati. Dopo il 1441 si prese l'onere quasi per intero della ricostruzione Cosimo de' Medici, figlio di Giovanni, ma i progressi continuarono ad essere lenti, segnati da incertezze e interruzioni. In questa seconda fase la direzione dei lavori passò probabilmente a Michelozzo, architetto del vicino palazzo Medici e erede di numerosi cantieri avviati da Brunelleschi, ormai anziano e concentrato su altre opere.
Dal 1457 fu alla direzione del cantiere Antonio Manetti Ciaccheri e nel 1461 venne consacrato l'altare maggiore. Tre anni dopo moriva Cosimo de' Medici e veniva sepolto in una cripta sotterranea posta in un pilastro esattamente al di sotto dell'altare centrale.
Da allora San Lorenzo divenne il luogo di sepoltura dei componenti della famiglia Medici, tradizione proseguita, salvo alcune eccezioni, fino ai Granduchi e all'estinzione della casata.
La facciata su Piazza San Lorenzo
La facciata della chiesa era rimasta incompiuta: papa Leone X, Medici, dopo un concorso a cui parteciparono grandissimi artisti come Raffaello e Giuliano da Sangallo, dette a Michelangelo il compito di progettarne una nel 1518. L'artista fece un modello ligneo di una facciata classica e proporzionata, ma l'opera non fu ugualmente portata a termine, per problemi tecnici e finanziari insorti già dall'approvvigionamento dei materiali. Sempre Leone X commissionò la Sagrestia Nuova al grande artista, per conservare i sepolcri dei due rampolli di casa Medici (Lorenzo Duca d'Urbino e Giuliano Duca di Nemours, che morirono entrambi sui trent'anni con grande costernazione del papa che tanto si era adoperato per la loro affermazione. L'opera fu realizzata a più riprese e solo l'offerta di un salvacondotto proposto dai Medici a Michelangelo, reo di aver preso parte alle vicende della Repubblica fiorentina, convinse l'artista a terminare l'opera che altrimenti sarebbe rimasta uno dei tanti non finiti michelangioleschi.
Clemente VII, l'altro papa Medici, non mancò pure di arricchire il complesso di San Lorenzo, incaricando Michelangelo di realizzare la Biblioteca Medicea Laurenziana, mentre dentro la chiesa fece costruire il balcone nella controfacciata per l'esposizione delle reliquie.
Il piccolo campanile risale invece al 1740, opera di Ferdinando Ruggieri.
Fu l'ultima della dinastia, Anna Maria Ludovica a commissionare l'ultima opera importante nella basilica: la decorazione della cupola con la Gloria dei santi fiorentini ad opera del pittore Vincenzo Meucci (1742).
Con la soppressione ottocentesca degli enti religiosi, la biblioteca fu separata giuridicamente dal resto del complesso e venne creato il Museo delle Cappelle Medicee. Nel 1907 fu istituita l'Opera Medicea Laurenziana per la gestione e la salvaguardia della basilica. Dal 1 marzo 2001 per accedere alla chiesa è richiesto il pagamento di un biglietto[1].

Architettura 

La basilica (interno).
La chiesa è a croce latina a tre navate, con cappelle lungo il piedicroce e i lati del transetto. All'incrocio dei bracci si trova una cupola. L'impianto, come in altre opere di Brunelleschi, si ispira ad altre opere della tradizione medievale fiorentina, come Santa Croce, Santa Maria Novella o Santa Trinita, ma a partire da questi modelli Brunelleschi prese spunto per qualcosa di più rigoroso, con esiti rivoluzionari. L'innovazione fondamentale sta nell'organizzazione degli spazi lungo l'asse mediano applicando un modulo (sia in pianta che in alzato), corrispondente alla dimensione di una campata quadrata, con la base di 11 braccia fiorentine, lo stesso dello Spedale degli Innocenti (edificato dal 1419). L'uso del modulo regolare, con la conseguente ripetizione ritmica delle membrature architettoniche, definisce una scansione prospettica di grande chiarezza e suggestione. Le due navate laterali sono state definite come lo sviluppo simmetrico del loggiato dello spedale, applicato per la prima volta all'interno di una chiesa: anche qui infatti l'uso della campata quadrata e della volta a vela genera la sensazione di uno spazio scandito come una serie regolare di cubi immaginari sormontati da semisfere. Le pareti laterali sono decorate da paraste che inquadrano gli archi a tutto sesto delle cappelle. Queste ultime però non sono proporzionate al modulo e si pensa che siano una manomissione al progetto originale di Brunelleschi, messa in atto almeno dopo la sua morte (1446). Inoltre la razionalità dell'impianto nel piedicroce non trova un riscontro di analoga lucidità nel transetto, poiché qui probabilmente Brunelleschi dovette adattarsi alle fondazioni già avviate dal Dolfini. In base a rilievi, studi delle fondazioni, indagini d'archivio e a un disegno di Giuliano da Sangallo dell'inizio del XV secolo[senza fonte][2] si è ricostruito che il progetto originale dovesse prevedere un giro di cappelle a pianta quadrata (invece che rettangolare come sono adesso), con volta a vela e abside sulla parete di fondo, che proseguisse anche in controfacciata e alle testate del transetto e del presbiterio, dove erano previste coppie di cappelle simmetriche su ciascuna estremità.
Nonostante le alterazioni la basilica trasmette ancora un senso di concezione razionale dello spazio, sottolineata dalla membrature architettoniche portanti in pietra serena, che risalta sull'intonaco bianco secondo il più riconoscibile stile brunelleschiano. L'interno è estremamente luminoso, grazie alla serie di finestre ad arco che corre lungo il cleristorio.
Innovativo è il dado brunelleschiano composto da colonna, per lo più di ordine corinzio,e di un tratto di trabeazione con fregio a cui si poggia usualmente un arco. Il soffitto della navata centrale è decorato a lacunari, con rosoni dorati su sfondo bianco.
All'architettura interna della chiesa lavorò anche Michelangelo, autore della Tribuna delle reliquie in controfacciata (1531-1532) per Clemente VII.
Sul retro della chiesa (con accesso dal retro su Piazza Madonna degli Aldobrandini) si apre la grandiosa Cappella dei Principi, con la sua grande cupola che a Firenze è la seconda per grandezza dopo quella del Duomo. Luogo di sepoltura dei Granduchi Medicei fu un'impresa grandiosa avviato al tempo di Ferdinando I; i Medici le stavano ancora pagando quando l'ultimo membro, Anna Maria Luisa de' Medici, morì nel 1743. Nella cripta di Bernardo Buontalenti sono sepolti circa cinquanta membri tra maggiori e minori della famiglia, mentre nella parte superiore, nella grande sala ottagonale sormontata da una cupola, vi sono i cenotafi (tombe vuote) monumentali dei granduchi di Toscana.

L'interno della basilica e opere maggiori

Interno, verso la controfacciata
Numerose sono le opere d'arte che ornano la chiesa, tra le quali spiccano uno straordinario nucleo di opere di Donatello. Artisti principale presenti in San Lorenzo (ordine alfabetico):
  • Pietro Annigoni, Cristo e San Giuseppe nella bottega: a causa del fondo oro sembra un'opera più antica ma risale invece al 1964. Notevole è la resa della scena tra padre e figlio, permeata di familiare raccoglimento, con san Giuseppe che sembra affettuosamente consapevole del ruolo del figlio, suggerito anche dall'asse in legno in primo piano che forma una croce. Si trova nella navata sinistra.
  • Bronzino: grande affresco del Martirio di San Lorenzo, nella navata sinistra, esemplare dello stile manierista con numerose figure composte in complesse torsioni e raffigurate con colori sgargianti.
  • Francesco Conti, "Crocifissione" proveniente da San Jacopo Soprarno, documentata al 1709. Opera giovanile dell'artista fiorentino, tra i capolavori del Settecento a Firenze.
  • Interno, veduta trasversale
  • Desiderio da Settignano: La Pala del Sacramento, tabernacolo marmoreo nella navata destra, di grande raffinatezza tecnica (1460 circa).
  • Donatello: due pulpiti bronzei (nati come semplici pannelli e assemblati in seguito nella forma attuale), sue ultime opere e fra i massimi capolavori dell'arte rinascimentale, furono scolpiti con aiuti di Bertoldo di Giovanni e Bartolomeo Bellano (1460 circa). La tecnica dello stiacciato (bassorilievo con numerosi scorci) con il quale sono state realizzate le scene, tratte dal Nuovo Testamento, raggiunge un'intensa drammaticità compositiva nelle parti autografe di Donatello, in particolare nella Passione e Deposizione, dell'esemplare sinistro. Il pulpito di destra mostra la discesa agli inferi, la resurrezione e l'ascensione di Cristo, in un'unica scena suddivisa da simboliche "porte", mentre altri episodi isolati sono Le Marie al sepolcro, la Pentecoste e il Martirio di San Lorenzo. Sempre di Donatello è il Sarcofago della famiglia Martelli (1455 circa), che simula una grande cesta di vimini e si trova nella cappella tra il transetto sinistro e la navata. Magistrale è la lavorazione del marmo, che esalta le rotondità e la sinuosità dell'intreccio.
  • Antonio del Pollaiolo: crocifisso ligneo nella cappella del transetto destro.
  • Filippo Lippi: pala d'altare dell'Annunciazione Martelli nella cappella del transetto sinistro, finanziato dalla famiglia Martelli che lì aveva una cappella (1450 circa). Affascinanti sono gli elementi complementari alla scena che catturano l'occhio dello spettatore, come la struttura architettonica, l'ampolla di vetro trasparente, in realtà un simbolo del concepimento divino.
  • Andrea Verrocchio: Tomba di Giovanni e Piero de' Medici, marmo bronzo e pietra serena, intercapedine tra il transetto sinistro e la Sagrestia Vecchia (1469-1472)
  • Raffaellino del Garbo: Natività coi Santi Giuliano e Francesco, pala d'altare nel braccio sinistro del transetto.
  • Domenico Ghirlandaio (bottega): Sant’Antonio abate in trono fra i Santi Lorenzo e Giuliano, pala d'altare, transetto sinistro.
  • Pontormo: affreschi nel coro. Ritenuti da molti storici dell'arte come il presunto capolavoro di Pontormo, sono andati completamente distrutti nella demolizione dell'abside per far spazio alla Cappella dei Principi.
  • Rosso Fiorentino: Sposalizio della Vergine in una delle cappelle della navata destra (1523). Capolavoro del manierismo toscano, presenta Maria e Giuseppe come due giovani attori in una gioiosa festa popolata da vari invitati. Tipico del Rosso è l'anticonvenzionalità sia nella composizione che nella stesura del colore particolarmente vivace.
  • Giovan Antonio Sogliani:Crocefissione di Sant'Acazio e dei suoi compagni, pala in stile manierista in una cappella della navata sinistra.
  • Il pulpito della Resurrezione di Donatello
  • Mario Balassi: San Francesco riceve le Stigmate, in una cappella nel transetto sinistro.
La cantoria per l'organo venne già attribuita all'inizio del Novecento a Donatello, per le innegabili affinità con quella di Santa Maria del Fiore, di cui riprende lo schema architettonico e il fregio posto dietro a colonnine libere. In seguito la critica l'ha assegnata a maestranze di bottega, per la minore eleganza e libertà compositiva dei rilievi. Dovrebbe risalire agli anni 1460.

Organi a canne

All'interno della Basilica, vi sono tre organi a canne.
Il primo organo, collocato nella cantoria di Donatello, è stato costruito nel 1502 dal volterrano Benedetto Vantaggini e successivamente ampliato dai fratelli Tronci nel 1773. Nel 1896 Pietro Paoli di Campi Bisenzio rifece i mantici e aggiunse quattro tasti cromatici nella prima ottava e rifece la tastiera e la pedaliera. In occasione del sedicesimo centenario della chiesa (1993-1994), l’organo è stato restaurato dall’organaro Riccardo Lorenzini di Montemurlo. Lo strumento ha una tastiera di 47 tasti con prima ottava corta ed una pedaliera scavezza di 14 pedali.
La consolle dell'organo Serassi
Il secondo organo, quello più grandioso, è stato costruito nel 1864-1865 dalla celebre fabbrica d'organi dei Fratelli Serassi di Bergamo. È posizionato nell'abside, in alto. Il sontuoso e imponente strumento si compone di tre tastiere di settanta tasti ciascuna, con positivo tergale e 64 registri; la consolle è un capolavoro di ebanistica, con intagli finissimi e molto ornati. A seguito di tale opera collocata da Giacomo Locatelli, tuttora ben conservata, il Re Vittorio Emanuele II nominò il signor Giacomo Serassi "Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro", e concesse alla ditta la facoltà di fregiare del Regio stemma l'insegna del suo stabilimento artistico industriale.
Il terzo organo è posto nel coro ed è stato costruito nel 1952 dalla ditta Tamburini e ampliato nel 2007. Possiede due tastiere ed è a trasmissione elettrica.

La Sagrestia Vecchia


Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Sagrestia Vecchia.
La Sagrestia Vecchia
Capolavoro del Quattrocento, fu la prima parte di San Lorenzo ad essere completata dal Brunelleschi, su incarico dei Medici che desideravano realizzarvi il proprio mausoleo (1421-1428). La cappella, dedicata a San Giovanni Evangelista, è strutturata come uno spazio cubico, coperto da cupola emisferica a ombrello, ed è divisa in 12 spicchi da costoloni. Brunelleschi si trovò nella condizione di dover risolvere il rapporto fra spazi strutturalmente analoghi. Egli accostò due vani a base quadrata, ma di diversa altezza: la sacrestia vera e propria e la piccola scarsella dell'altare. Il gioco coloristico della pietra grigia e dell'intonaco è ulteriormente esaltato dalla presenza degli stucchi dipinti: il fregio con i Cherubini e serafini, i tondi degli Evangelisti nelle pareti e quelli con le Storie di San Giovanni Evangelista nei pennacchi della cupola, opere di Donatello, autore anche dei battenti delle porte bronzee, con i Santi, Martiri, Apostoli e Padri della Chiesa. Il violento cromatismo e lo sperimentalismo esasperato delle opere di Donatello, anch'egli un protetto dei Medici, originarono un forte dissidio tra lo scultore ed il Brunelleschi, che lo accusò di voler distogliere l'attenzione dalle proporzioni architettoniche della cappella. Il dissidio fra due artisti, che erano stati una coppia affiatatissima per anni, portò poi all'esclusione di Donatello dalla decorazione di altre opere brunelleschiane come, ad esempio, la cappella dei Pazzi.
Gli affreschi della volta della cupola nell'abside raffigurano la situazione cosmologica del Sole e delle costellazioni, come appariva su Firenze la notte del 4 luglio del 1442. Si suppone che la volta celeste sia stata dipinta dall'eclettico pittore-decoratore Giuliano d'Arrigo, detto Pesello. Opera autografa del Verrocchio è il monumento funebre a Giovanni(1421-1463) e Piero de' Medici, figli di Cosimo il Vecchio, commissionati nel 1472 dai figli dello stesso Piero, Lorenzo il Magnifico e Giuliano de' Medici.

La Sagrestia Nuova

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Sagrestia Nuova.
Edificata da Michelangelo a più riprese tra il 1521 ed il 1534, fa parte del progetto mediceo per avere una degna sepoltura per i membri della famiglia, che, nel frattempo, stava salendo gradualmente di rango grazie soprattutto all'elezione al soglio pontificio di Leone X e all'arrivo dei primi titoli ducali.
Michelangelo partì dalla stessa pianta della Sacrestia del Brunelleschi e divise lo spazio in forme più complesse, con archi trionfali che si aprono su delle specie di absidi. Incassati nelle due pareti laterali realizzò i sepolcri monumentali dedicati a Giuliano Duca di Nemours e suo nipote Lorenzo Duca d'Urbino, per i quali scolpì tre sculture ciascuno: le Allegorie del Tempo, adagiate sopra i sepolcri, e i ritratti soprastanti dei Duchi. Per la tomba di Giuliano de’ Medici, seduto in fiera postura, scelse le il Giorno e la Notte; per quella di Lorenzo, in posa malinconica e pensierosa, il Crepuscolo e l'Aurora.
Entrambe le statue guardano verso il centro della cappella dove Michelangelo realizzò e pose una Madonna con Gesù in grembo. Volgendo il loro sguardo alla rappresentazione sacra i duchi esprimono le inclinazioni religiose dell'artista, secondo il quale, quando le glorie terrene passano, solo la spiritualità e la religione riescono a dare sollievo alle inquietudini degli uomini. Completano il corredo le statue dei Santi Cosma e Damiano, opere di allievi di Michelangelo.
Sotto l'altare sono sepolti anche Lorenzo il Magnifico e suo fratello Giuliano de' Medici, per i quali non ci fu mai il tempo per costruire una sepoltura monumentale.

La Cappella dei Principi

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Cappelle Medicee.
La Cappella dei Principi
Lo sfarzoso ambiente ottagonale è largo 28 metri ed è sormonatato dalla cupola di San Lorenzo, la seconda per maestosità in città dopo quella del Brunelleschi.
Fu commissionato da Ferdinando I all'architetto Matteo Nigetti nel 1604, pare su disegno di Don Giovanni de' Medici, fratello dello stesso granduca. Anche Bernardo Buontalenti intervenne nel progetto.
Gli intarsi che decorano tutta la superficie della cappella sono stati creati con marmi scuri e pietre semipreziose, che creano un abbagliante effetto scenografico. Per la realizzazione di questa opera venne appositamente creato l'Opificio delle Pietre Dure, come laboratorio per l'arte del cosiddetto commesso fiorentino. Nella zoccolatura, dove sono riprodotti gli stemmi delle sedici città toscane fedeli alla famiglia dei Medici, si fece uso di pietre semipreziose, madreperla, lapislazzuli e corallo.
Le otto nicchie avrebbero dovuto ospitare le statue di tutti i granduchi, anche se furono poi realizzate soltanto quelle per Ferdinando I e Ferdinando II, opere entrambe di Pietro Tacca, eseguite tra il 1626 ed il 1642.
Al centro dell'atrio, nelle intenzioni dei committenti, doveva trovarsi il Santo Sepolcro, ma i vari tentativi di comprarlo o rubarlo a Gerusalemme fallirono.
I sarcofaghi sono in realtà cenotafi vuoti e le vere spoglie dei granduchi e dei loro familiari fino a Anna Maria Luisa de' Medici (ultima erede della dinastia, 1667-1743) sono conservati in semplici nicchie nascoste dietro le mura.

Il Chiostro dei Canonici

Progettato da Brunelleschi, ma realizzato dopo la morte del maestro (1446) tra il 1457 e il 1460 dal suo allievo Antonio Manetti, è il chiostro principale del complesso. Presenta un doppio loggiato, con arcate a tutto sesto nel piano inferiore e architravato nel piano superiore, e vi si accede dal lato sinistro della facciata. Vi erano anticamente collocate le abitazioni dei canonici e i vari ambienti della vita monastica.
Il chiostro della basilica
Sulla parete destra del portico d'ingresso è presente una Madonna con Bambino in stucco, opera di Desiderio da Settignano, con una cornice in terracotta invetriata (1513), oggi difficilmente ammirabile per il vetro protettivo sporco e l'altezza del posizionamento. Sullo stesso lato si trovano numerose lapidi fra le quali è interessante quella apposta per desiderio di Anna Maria Ludovica de' Medici al fine di ricordare i lavori di consolidamento del complesso nel 1742. Nell'angolo destro verso il transetto della basilica si accede alla Biblioteca Medicea Laurenziana, progettata da Michelangelo, mentre a fianco del portone si trova la statua marmorea del comense Paolo Giovio, vescovo di Nocera eseguita da Francesco da Sangallo (opera firmata, 1560). Da qui si accede anche alla cripta, ristrutturata dal Buontalenti, che conserva le tombe di Cosimo il Vecchio e Donatello. Più avanti, una porta con timpano conduce alla Cappella del Capitolo dei Canonici, con stalli lignei intagliati nel tardo Quattrocento.

Monumenti funerari

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